Da un punto di vista formale medico omeopata è chi abbia conseguito
regolare laurea in Medicina e Chirurgia, si sia abilitato alla
professione medica, sia iscritto all'Ordine dei Medici, e infine
abbia seguito corsi di formazione specifica in Medicina Omeopatica
della durata di almeno tre anni, sotto la guida e la supervisione
di docenti di comprovata esperienza clinica.
Nel suo studio potrete notare ciò che è consueto in un ambulatorio,
vale a dire fonendoscopio, sfigmomanometro ("l'apparecchio per
la pressione", per intenderci), abbassalingua, otoscopio, martelletto,
lettino, bilancia, cotone, garze, disinfettanti. Anche lui indossa
il camice, anche lui tasta, palpa, ausculta, picchietta sulle
pancie, fa tirar fuori la lingua e fa dire trentatré. Anche lui,
se è il caso, richiede e sa interpretare radiografie, TAC, analisi
cliniche, elettrocardiogrammi.
Ha padronanza dell'anatomia come della fisiologia, della microbiologia
come dell'immunologia; si aggiorna sulle ultime possibilità offerte
dalla diagnostica moderna, come sulle ultime novità della terapeutica
convenzionale.
È quindi innanzitutto un medico, e deve bene saperlo essere. Ma
sa anche bene che il suo scopo non è soltanto quello di dare nomi ai malanni, di riparare fegati o polmoni, accontentandosi che
la macchina umana proceda col minimo attrito e il minimo dolore.
Sa bene che la dimensione umana del paziente, di cui egli si prende responsabilità, è più vasta e più profonda di quella che è direttamente osservabile
dagli occhi o dagli strumenti, e che si sviluppa su vari livelli
di esistenza, di cui quello fisico non è che un effetto, una conseguenza,
una manifestazione.
Pertanto, come è capace di appoggiare l'orecchio al torace e auscultare
toni, soffi e rumori cardiaci, così deve estendere la capacità
auscultatoria alla globalità dell'essere che ha di fronte, percependone
le intime aritmie, i toni e i soffi dell'anima.
Rendendosi conto che tutto in realtà è collegato, tutto è interconnesso, e che il suo paziente, nel suo microcosmo di sofferenza, rappresenta una miniatura del macrocosmo, di fronte al quale nient'altro è possibile se non la reverenza, con eguale atteggiamento reverenziale si pone di fronte al fenomeno malattia-salute. Ogni paziente allora, visto con questi nuovi occhi, prende le sembianze di un quadro, unico, affascinante, maestoso, le cui tinte, per quanto aspre, bizzarre e spiacevoli possano sembrare, formano un insieme coerente, rivelano un disegno, una architettura di fondo, che sempre si rivelano a chi vi si accosta con spirito libero da indottrinamenti.
Il sintomo ha sempre un senso, è in sé un messaggio cifrato di cui sta al medico scoprire il codice e il significato. Il presupposto è quindi che egli stesso abbia realizzato quel certo grado di sviluppo interiore e di sensibilità, senza il quale vana sarebbe qualunque pur raffinata tecnica.
Importante
Le informazioni e le idee contenute in questo articolo costituiscono semplicemente materiale divulgativo informativo sulle scelte diagnostiche e terapeutiche disponibili, e non vogliono in alcun modo sostituirsi alla consultazione e prescrizione medica.
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